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Riforma forense, facciamo il punto

pubblicata il 29/10/2012

Gli eventi che si sono succeduti in questi ultimi giorni in ordine ai vari passaggi parlamentari subiti dalla riforma forense e, contestualmente, gli sforzi che la Giunta ha profuso per governarne gli sviluppi meritano quanto meno un riepilogo, a beneficio di tutti.

La proposta di legge n. 3900 recante la "Nuova disciplina dell'ordinamento della professione forense" (approvata, in un testo unificato, dal Senato) approda all’aula della Camera, come è noto, dopo che alla Commissione Giustizia, con un parere giudicato da molti quanto meno “stravagante”, il Governo aveva sostanzialmente negato la funzione deliberante, argomentando contro taluni aspetti del provvedimento, tra cui proprio la specializzazione.

Il dibattito alla Camera esponeva il testo ad incursioni ed agguati non agevolmente prevedibili e metteva in serio pericolo la approvazione stessa della riforma entro la fine della legislatura.

Su un piano generale, il lavoro sino ad oggi svolto ha consentito di salvaguardare alcuni punti fermi della legge che vanno rivendicati come il risultato di una attività svolta dall’Unione in sinergia con le altre associazioni forensi ed il CNF.

Basti pensare alle previsioni che permettevano la presenza nelle società professionali di soci mero capitale ed in misura maggioritaria rispetto ai soci professionisti.

Si è, inoltre, stabilita una separazione netta tra gli organi deputati alla tenuta degli albi ed alle altre incombenze amministrative e gli organi preposti alla disciplina.

Infine, e non è davvero poca cosa, per la prima volta in un testo di legge viene formalmente riconosciuta la specializzazione all’interno della professione forense, storica battaglia dei penalisti italiani.

Su questo punto, però, occorre soffermarsi per comprendere quanto è effettivamente avvenuto e quanto ancora si deve cercare di ottenere.

L'aula ha integralmente sostituito l’originario art. 9 della proposta di legge, così come licenziato dalla Commissione Giustizia, intitolato, appunto, “specializzazioni”. L’Unione ha tentato di eliminare la previsione del cd "doppio binario, cioè la possibilità, in regime ordinario, di ottenere il titolo per mero decorso del tempo. In questo senso è stato presentato un emendamento soppressivo della lettera c) del comma 9 così come licenziato dalla Commissione. Tale emendamento non è stato approvato ma si è riusciti,  attraverso altro emendamento suggerito dall’Unione, a far allungare perlomeno il termine fino agli attuali 8 anni. Inopinatamente, ed in forza d'un accordo estemporaneo raggiunto nel chiuso del "comitato dei nove", è stato però  espunto ogni riferimento alle associazioni forensi ed è stato riformulato il comma 3 che, emendato, recita testualmente: “i percorsi formativi, le cui modalità di svolgimento sono stabilite dal regolamento di cui al comma 1, sono organizzati presso le facoltà di giurisprudenza, con le quali il CNF e i consigli degli ordini territoriali possono stipulare convenzioni per corsi di alta formazione per il conseguimento del titolo di specialista”. Il titolo di specialista resta appannaggio esclusivo del CNF, ma i “percorsi formativi” debbono svolgersi, in via esclusiva, presso le facoltà di giurisprudenza.

Non è questa la sede per ribadire quanto già ampiamente esposto nei documenti diramati nell’immediatezza: sottrarre alle associazioni specialistiche la formazione per il rilascio del titolo per affidarla alle Università porta, sostanzialmente, a vanificare il concetto stesso di specializzazione che, come abbiamo sempre detto, significa innanzitutto alta formazione tecnico pratica, adeguata al tipo di competenze richieste per lo svolgimento della professione in un campo specifico e, dunque, necessariamente organizzata da chi è effettivamente attrezzato a trasmettere quel tipo di sapere e di conoscenza. Non sfugge che l’Università, tipicamente, ha il compito completamente diverso di formare giuristi e non professionisti.

Con l’approvazione della norma, bisognava farne comprendere le negative conseguenze sui destini della specializzazione e correggerne in qualche modo gli effetti già alla Camera. Riservandoci, ovviamente, di ritornare sull'art. 9 al Senato.

Si è deciso di muoversi in più direzioni: innanzitutto responsabilizzando il CNF che, nel comunicato diramato il giorno successivo, ha affermato, senza mezzi termini, che “il testo di riforma forense che sta prendendo corpo alla Camera è certamente un buon testo, ma sul punto specifico delle specializzazioni riteniamo che si possa intervenire, nel prosieguo delle votazioni a Montecitorio, per meglio riconoscere il ruolo e l’apporto delle associazioni specialistiche forensi anche nel percorso universitario disegnato dal legislature”. In secondo luogo, anche in previsione del passaggio al Senato, coinvolgendo l’Accademia, con un pubblico appello di docenti universitari di materie giuridiche affinché la formazione specialistica contempli il coinvolgimento delle associazioni forensi. Infine, cercando di recuperare il riconoscimento delle associazioni forensi (originariamente contenuto nell'art. 9) ed un loro ruolo nell’ambito dei percorsi formativi finalizzati al conseguimento del titolo di specialista, attraverso la modifica di norme ancora da approvare, individuate negli artt. 29 e 35 che regolano le competenze, rispettivamente, dei COA e del CNF .

In particolare, al comma 1 lettera e) dell’art. 29 (Compiti e prerogative del consiglio) sono state aggiunte le parole: “promuove, ai sensi dell'articolo 9, comma 3, l'organizzazione di corsi per l'acquisizione del titolo di specialista, d'intesa con le associazioni specialistiche di cui all'articolo 35, comma 1, lettera q-bis)” e conseguentemente, all’art. 35, al comma 1, dopo la lettera i), è stata aggiunta la seguente: “i-bis) consulta le associazioni specialistiche di cui alla lettera q-bis), al fine di rendere il parere di cui all'articolo 9, comma 1”; e sempre al comma 1, dopo la lettera q)è stata inserita la seguente: “q bis) istituisce e disciplina con apposito regolamento l'elenco delle associazioni specialistiche maggiormente rappresentative, nel rispetto della diffusione territoriale, dell'ordinamento democratico delle stesse nonchè dell'offerta formativa sulla materia di competenza, assicurandone la gratuità.”

Il risultato rappresenta il massimo che si può raggiungere con l'attuale art. 9, che è la base di realtà con cui oggi siamo costretti a confrontarci, anche se speriamo di poterlo cambiare nell'immediato futuro. Nella sostanza, adesso il CNF promuoverà l’organizzazione dei corsi d’intesa con le (resuscitate) associazioni specialistiche maggiormente rappresentative. Inoltre le stesse saranno obbligatoriamente consultate al fine del rilascio del parere richiesto al CNF per la redazione del regolamento sulla specializzazione.

Non va taciuto che anche nell'ultimo passaggio descritto la politica, pur accondiscendo a richieste di cui non poteva non rilevare l'evidente sensatezza, ha voluto mettere il proprio sigillo inserendo quel riferimento finale alla "gratuità" che potrebbe essere foriero di problemi.

Come è a tutti noto, da oltre venti anni le Camere Penali organizzano formazione senza alcuna finalità di lucro. Ciò non può significare, però, che l'Unione possa caricarsi dei costi logistici, organizzativi e tecnici di tale servizio, a maggior ragione quando la formazione offerta sia di qualità elevata ed idonea a preparare avvocati altamente specializzati. Appare del tutto incomprensibile, poi, la disparità di trattamento con le Università rispetto alla quale il requisito della gratuità è sapientemente omesso. Il punto specifico dovrà trovare una soluzione.

La legge è ora in attesa di un parere finalizzato a risolvere un problema di copertura finanziaria posto dall’ennesimo emendamento approvato a sorpresa, quello del raddoppio degli esami di stato annuali: norma già di per sé incomprensibile, in una legge che avrebbe dovuto regolare l’accesso ad una professione malata di numeri ipertrofici. Si confida in una soluzione veloce del problema.

Concludendo. Non si può dire che sia stato riconquistato tutto quanto ci è stato fraudolentemente sottratto con l’emendamento killer all’art. 9, ed è ovvio che la situazione è complicata da alcune questioni (intermediazione degli Ordini, "gratuità"), ma non possiamo dimenticare che neppure dieci giorni fa muovevamo da un art. 9 che ci escludeva totalmente dalla specializzazione.

Visualizza l'articolo sul sito dell'Unione Camere Penali.

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